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Arrivano i primi dati ufficiali post-pandemia dall’Italia e dagli Stati Uniti. Nel 2020 la pandemia ha fatto impennare il consumo di alcol ed il numero di decessi correlati nella pressoché totale inadeguatezza del sistema a gestire una simile emergenza.

Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità

Secondo il Rapporto 2022 dell’Istituto Superiore di Sanità su “Epidemiologia e monitoraggio alcol-correlato in Italia e nelle Regioni” (https://www.iss.it/it/web/guest/-/rapporti_istisan_22_1) pubblicato l’8 marzo 2022, l’anno della pandemia ha rappresentato “un’esperienza estremamente complessa e di forte impatto sulle persone e sui comportamenti a rischio” con oltre 8.600.000 consumatori a rischio (ovvero il 22,9% degli uomini ed il 9,4% delle donne di età superiore agli 11 anni) fra cui circa 800.000 minorenni e 2.600.00 ultra 65enni.

Nell’anno del lockdown la prevalenza dei consumatori di alcol più gravi, con danno d’organo già in atto e da considerarsi a tutti gli effetti “in need for treatment” ai sensi del DSM-5 (il manuale di riferimento per il settore dell’American Psychiatric Association), ha registrato la crescita record del 27,6% rispetto all’anno precedente.
A fronte di questa dinamica, “meno del 10% dei consumatori con danni da alcol è stato intercettato dai servizi alcologici e, di questi, a meno di un terzo è stata garantita una qualunque forma d’intervento o trattamento”: dati ben al di sotto della media Europea. La chiusura parziale o totale dei servizi durante la pandemia ha quindi esposto la popolazione ad una recrudescenza della patologia con frequenti ricadute legate all’isolamento nelle fasi di lockdown ed all’impossibilità di gestire adeguatamente le manifestazioni cliniche anche di rilievo.

La stragrande maggioranza dei consumatori con danni da alcol “continua ad essere sommersa, non fa ricorso ai servizi di diagnosi, cura e riabilitazione e non riceve alcuna forma di trattamento in grado di arrestare la progressione del danno o di prevenire le complicanze e un’evoluzione verso forme più complesse di dipendenza”.
L’ISS afferma che, se da un lato sono stati compiuti progressi nella produzione di norme per il contenimento dei danni legati al consumo di alcol, come quelle concernenti la guida, l’età minima legale, la regolamentazione di somministrazione e vendita, dall’altro “l’inadeguatezza dei servizi e la mancanza di una vera rete curante” ha finito per “marginalizzare e stigmatizzare” i consumatori di alcol con patologia già attiva o a rischio.
Nel suo Rapporto 2020, l’ISS sottolinea anche l’importanza di “privilegiare la telemedicina e le soluzioni digitali (anche basate sull’uso di smartphone) che si sono dimostrate estremamente utili nella riduzione del consumo di alcol e dei sintomi depressivi come pure per il contenimento dei costi sanitari pur mantenendo e rafforzando, allo stesso tempo, il legame medico-paziente e l’efficacia della cura.”

Dati ufficiali decessi da alcol

I dati ufficiali relativi ai decessi alcol correlati registrati nel 2020 non sono ancora disponibili per l’Italia dove in realtà siamo ancora fermi al 2018 ma sono stati appena pubblicati sul Journal of American Medical Association i dati americani raccolti dai ricercatori del National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism che hanno fatto registrare un balzo record di oltre il 25% rispetto al 2019.
Anche negli Stati Uniti stress, ansia, depressione, isolamento e solitudine hanno messo una enorme pressione sulle persone facilitando un aumento generalizzato del consumo di alcol e delle ricadute in chi aveva intrapreso un percorso di cura. Contemporaneamente, l’interruzione delle routine, il logorio delle reti di supporto, le difficoltà ed i ritardi di un sistema sanitario sopraffatto dall’epidemia hanno scoraggiato l’accesso al sistema di cure da parte di chi ne aveva bisogno.

Ciò potrebbe aver contribuito ai decessi per malattie epatiche legate al consumo di alcol, che rappresentano circa un terzo del totale dei decessi correlati all’alcol come pure alle morti per overdose da droghe assunte in associazione all’alcol.
Negli USA tra gli adulti di età inferiore ai 65 anni (16-65 anni), nel 2020 i decessi legati all’alcol hanno superato in numero i decessi per Covid-19; (74.408 contro 74.075) ed i giovani adulti di età compresa tra 25 e 44 anni hanno registrato il maggiore aumento dei decessi legati all’alcol, con un aumento di quasi il 40% rispetto all’anno precedente.

IEUD: alcol e pandemia

“Come è successo per molti servizi sanitari e per l’assistenza e le cure per molte patologie, anche i Servizi per l’alcolismo hanno fortemente ridotto la loro accessibilità e l’intensità assistenziale, essendo diventato prioritario l’obiettivo di contenimento della pandemia – dice Emanuele Bignamini Consulente Scientifico dell’Istituto Europeo Dipendenze – IEUD, servizio privato dedicato alle dipendenze, ha invece continuato ad offrire la sua assistenza addirittura potenziando le capacità di accoglienza, facilitato dall’aver già prima della pandemia avviato sistematicamente una modalità di erogazione delle prestazioni integrata che unisce interventi di persona e interventi online”.

La facilitazione dell’accesso e i rapidi tempi di risposta permettono a IEUD di valutare la situazione della persona e del suo contesto, in particolare la famiglia, l’abito lavorativo e la rete relazionale, in modo efficace e pragmatico, proponendo un accordo di cura che viene monitorato e rivalutato periodicamente dal team curante insieme al paziente.
I risultati hanno visto una prosecuzione del rapporto terapeutico oltre la fase iniziale di valutazione (ritenzione in trattamento) decisamente superiore agli standard di riferimento. Il rapporto personalizzato e multidisciplinare permette di gestire efficacemente i problemi di uso di alcol dannoso, evitando gli esiti drammatici che l’ISS ha messo in evidenza nel suo rapporto.